A tutti gli studenti:

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Grazie per il vostro preziosissimo contributo!

mercoledì 31 marzo 2010

De Unitate.




L'Italia è uno dei pochi paesi della vecchia Europa che non ha una legge che regolamenti quelle che vengono chiamate Unioni Civili. Una coppia quindi, per aver accesso a dei privilegi ed a delle agevolazioni, è obbligata ad unirsi in matrimonio, civile o religioso che sia. Ciò implica però che, qualora la coppia sia formata da due partner dello stesso sesso, non vi sia alcuna possibilità di vedere riconosciuti dei diritti basilari. Secondo lo Stato quindi, le coppie omosessuali non esistono poiché non ci sono i mezzi per riconoscerle e questo ha svariate implicazioni.
In caso di decesso di uno dei due componenti della coppia, il partner in vita non ha diritto ad essere automaticamente riconosciuto come erede del patrimonio del defunto.
In caso di ricovero di uno dei due componenti della coppia, il partner non ricoverato non ha diritto ad assistere il malato.
In caso di rottura del rapporto, non vi è tutela alcuna che garantisca una separazione dei beni secondo delle norme e delle regole prestabilite.
In caso di acquisto di un bene immobile, non è possibile aprire un mutuo con le agevolazioni di una coppia legalmente riconosciuta.
Eppure l'articolo 3 della Costituzione Italiana recita a gran voce:"Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali." Negare quindi dei diritti come quelli sopraelencati significa non garantire la pari dignità sociale ad una parte dei cittadini. Ma se è scritto nella Costituzione, quali sono le critiche apportate alla regolamentazione delle unioni civili? Molti esponenti della Chiesa cattolica sostengono con fervore che, qualora lo Stato legiferasse in merito alle unioni civili, non solo si creerebbe una spaccatura tra Chiesa e Stato in merito alla conservazione dei valori cattolici, ma si darebbe un cattivo esempio alle giovani generazioni e si minerebbe il principio ed il valore radicatissimo (sicuri?) della famiglia e del matrimonio eterosessuale, favorendo la perversione e l'impudicizia dei rapporti omosessuali. Qui sorge però spontanea una domanda, lo Stato è per definizione Laico (o per lo meno dovrebbe), dunque perché le pressioni della Chiesa sono così importanti su temi come questo? Il motivo è semplicissimo: accaparrarsi il più ampio bacino elettorale possibile. Questo perché gli italiani, popolo, si sa, composto principalmente da pigri ed ipocriti, sono pronti a difendere a spada tratta i valori cristiani e a tradire la moglie con la vicina di casa con la medesima frequenza con cui si lavano i denti durante il giorno. Sbandierare quindi gli ideali e le tradizioni sui manifesti elettorali diventa un'abile (e sempreverde) mossa politica che riscuote anche parecchio successo ultimamente. Ed ecco quindi spiegata la crociata contro gli appestati, ovvero gli omosessuali, le loro perversioni e le loro astruse richieste di poter vivere una vita come il resto della popolazione.

domenica 28 marzo 2010

Non solo 8 marzo...


“La violenza contro le donne e le bambine rappresenta una pandemia globale. Durante la propria vita almeno una donna su tre è stata picchiata, ha subito abusi sessuali o violenze di altro tipo.

Ogni anno milioni di donne sono violentate dai propri partner, da parenti, amici o sconosciuti, da datori di lavoro e colleghi, da soldati e componenti dei gruppi armati.
La violenza all’interno della famiglia è endemica in tutto il mondo; la stragrande maggioranza delle vittime sono donne e bambine. Negli Usa, per esempio, le donne rappresentano circa l’85% delle vittime della violenza domestica. L’Organizzazione mondiale della sanità ha dichiarato che
fino al 70% delle donne vittime di omicidio sono uccise dai loro partner  maschili.
Le armi leggere e di piccolo taglio costituiscono i principali strumenti utilizzati in conflitti nei quali, secondo il Segretario Generale delle Nazioni Unite, le donne e i bambini rappresentano circa l’80% delle vittime.
In quanto organizzazione per i diritti umani, Amnesty International (AI), non può tacere di fronte a questa sofferenza. Noi ci battiamo contro tutte le forme di violenza contro le donne e le ragazze, dovunque queste accadano e chiunque ne sia l’autore.”
Avete mai speso gli stessi secondi utilizzati per leggere queste statistiche guardando negli occhi una donna? Una donna qualsiasi, una bambina, un’anziana, la vostra vicina di casa, la vostra compagna di banco o semplicemente una donna come tutte le altre? Riuscireste a distinguere uno sguardo sereno da uno sguardo pieno di dolore ed angoscia? O vi soffermereste piuttosto, solamente al colore degli occhi senza pensare che dentro a quello sguardo ci possa essere uno grido soffocato che non ha coraggio di toccare le corde vocali? Ecco, vedete, siamo tutti bravi a condannare la violenza domestica, lo stalking, gli abusi sessuali, le prevaricazioni del sesso maschile su quello, così stupidamente chiamato, debole, siamo altrettanto capaci di indignarci di fronte a figlie sgozzate da padri padroni o da sorelle percosse da mariti instabili, ma poi, spenta la tv siamo altrettanto tranquilli nell’archiviare quella notizia in un cassetto lontano da noi; perché in fondo a noi non toccherà mai.  Archiviamo la notizia di cronaca nella speranza che qualcuno al posto nostro faccia qualcosa, anche perché poi, noi che possiamo fare?
Possiamo smettere di vedere ed iniziare a guardare, possiamo aprire i balconi di casa quando sentiamo urla al piano di sopra e non chiuderci dentro come uomini omertosi, possiamo smascherare scuse come “Eh sono caduta dalle scale”, “Stavo dormendo e sono caduta dal letto”, “Questo taglio? Me lo sono fatta tagliando il pane, che stupida” ed aiutare quegli occhi a parlare, ad urlare, possiamo dare loro la voce che non hanno.
Smettiamola di alimentare la vergogna di quegli sguardi, che si sentono troppo diversi per essere capiti, smettiamola di coprire uomini che assomigliano più a bestie che ad esseri umani. Non dobbiamo più permettere che il rumore dei pugni sovrasti la voce delle donne. Cerchiamo di informarci, di sensibilizzarci su questo problema, ascoltiamo quei silenzi disperati che ci passano accanto, non lasciamo che la cosa ci scivoli addosso come qualcosa di distante, celato dietro il muro della casa accanto.

Melania Pavan - Treviso
da "la venticinquesima ora" - giornalino d'istituto del liceo Canova di Treviso

venerdì 12 marzo 2010

Il nostro futuro non è in vendita!!!

Grandissimo successo per la manifestazione studentesca regionale della Rete degli Studenti Medi che oggi, Venerdì 12 marzo, ha visto la partecipazione di oltre 5000 studenti da tutto il Veneto.

Gli studenti hanno guidato uno dei due grandi cortei che sono confluiti in Piazza Insurrezione, partendo dalla stazione e passando per Via Codalunga, via Giotto e largo Europa, sfilando insieme ai lavoratori.

“IL NOSTRO FUTURO NON E’ IN VENDITA” è stato lo slogan del grande striscione che apriva una manifestazione colorata, partecipata e pacifica.

Significativo il contributo delle scuole padovane che stamattina si sono svuotate, come molti altri istituti veneti, che hanno voluto dimostrare ancora una volta come gli studenti siano capaci di esprimere in modo forte e chiaro le proprie rivendicazioni e la propria rabbia.

Abbiamo dimostrato che le scuole non sono delle vetrine dove tutto apparentemente funziona, il disagio è forte e la voglia di cambiare tanta.

Per le strade di Padova abbiamo visto marciare studenti consci che la scuola pubblica è in pericolo, che l’istruzione deve essere aperta, deve essere di tutti e per tutti, senza esclusioni.

La soluzione a molti problemi che affliggono il nostro Paese è investire nella scuola, nell’università e nella ricerca, rendendo il diritto allo studio davvero effettivo: dalla piazza di oggi, passo dopo passo, abbiamo visto proprio questa consapevolezza.

Moltissimi gli studenti da tutto il Veneto, da Venezia, Treviso, Vicenza, Verona e Rovigo. Importantissime le partecipazioni di scuole come l’istituto “I.Newton” di Camposanpiero e del “Giorgione” di Castelfranco, dove gli studenti sono costretti a studiare in un edificio decadente, con residui di amianto, mettendo a rischio la loro vita ogni giorno.

Marco Zabai, coordinatore regionale della Rete degli Studenti Medi Veneto, intervenendo dal palco ha ribadito la nostra contrarietà a questa politica di tagli sconsiderati: “Queste politiche mettono soltanto delle gabbie al nostro futuro, e queste gabbie dobbiamo romperle. È fondamentale che studenti e lavoratori in crisi siano uniti per impedire che il governo con la politica del ‘divide et impera’ possa isolarci e neutralizzarci.”

Con questa data intendiamo rilanciare la nostra azione in tutte le scuole del Veneto, impegnati ogni giorno a difendere far valere i diritti degli studenti.

giovedì 11 marzo 2010

Pensieri sul Primo Congresso della Rete degli Studenti Medi

Quando domenica sera sono tornata a Padova mi è venuto spontaneo prender su un foglio e scrivere di getto le mie impressioni sul congresso che avevo seguito nel week end.

Ero stanca morta, affamata, carica di tutti gli impegni che mi ero presa e che tremavo all'idea di sostenere, in vista di stress, corse, fatica. Ma ero anche felice, e mi sentivo piena di emozioni e di forza. In quest'ultimo mese soprattutto un pessimismo cosmico aveva avvolto tutte le mie attività e mi faceva vedere tutto dietro a lenti scure e tremolanti, scoraggiandomi, indebolendomi. Ero quasi giunta alla conclusione di abbandonare l'associazione, di ritirarmi nel mio eremo di quadretti e solitarie scritture.
Eppure mi è bastato vedere i vostri volti, ascoltare le vostre parole di saluto e assaporare ancora una volta il clima di amicizia e confronto, di voglia di lottare, per tornare ad essere la stessa ragazza di prima.
Ci riconosciamo come militi di uno stesso spiegamento, ci basta uno sguardo per caricare la nostra forza di volontà, ed è questo ciò che mi farà amare sempre la Rete.
In questo congresso abbiamo constatato che tutto si sta muovendo, tutti gli enti, ogni associazione, un totale fermento. Noi ragazzi e ragazze non saremo da meno. Diffonderemo sempre e comunque questi messaggi di democrazia e diritti nonostante tutto, e, per concludere con una perla di saggezza:”Prima ci ignorano. Poi ci deridono. Poi ci combattono. Poi vinciamo”

Buon Lavoro!

Ary (Padova)

martedì 9 marzo 2010

L'idea astratta di 60 anni fa oggi diventa realtà: una scuola minacciata dall'autocrazia

Il discorso di Piero Calamandrei, pronunciato 60 anni fa, in difesa della scuola statale è quanto mai attuale: perdiamo ogni fiducia, ogni speranza. Le ipotesi del passato sono sfociate nelle violazioni di oggi. L'autocrazia è alle porte, forse si è già affermata, a voi l'ardua sentenza.  

Come si fa a istituire in un paese la scuola di partito? Si può fare in due modi. Uno è quello del totalitarismo aperto, confessato. Lo abbiamo esperimentato, ahimè. Credo che tutti qui ve ne ricordiate, quantunque molta gente non se ne ricordi più. Lo abbiamo sperimentato sotto il fascismo. Tutte le scuole diventano scuole di Stato: la scuola privata non è più permessa, ma lo Stato diventa un partito e quindi tutte le scuole sono scuole di Stato, ma per questo sono anche scuole di partito. Ma c'è un'altra forma per arrivare a trasformare la scuola di Stato in scuola di partito o di setta. Il totalitarismo subdolo, indiretto, torpido, come certe polmoniti torpide che vengono senza febbre, ma che sono pericolosissime... Facciamo l'ipotesi, così astrattamente, che ci sia un partito al potere, un partito dominante, il quale però formalmente vuole rispettare la Costituzione, non la vuole violare in sostanza. Non vuol fare la marcia su Roma e trasformare l'aula in alloggiamento per i manipoli; ma vuol istituire, senza parere, una larvata dittatura. Allora, che cosa fare per impadronirsi delle scuole e per trasformare le scuole di Stato in scuole di partito? Si accorge che le scuole di Stato hanno il difetto di essere imparziali. C'è una certa resistenza; in quelle scuole c'è sempre, perfino sotto il fascismo c'è stata. Allora, il partito dominante segue un'altra strada (è tutta un'ipotesi teorica, intendiamoci). Comincia a trascurare le scuole pubbliche, a screditarle, ad impoverirle. Lascia che si anemizzino e comincia a favorire le scuole private. Non tutte le scuole private. Le scuole del suo partito, di quel partito. Ed allora tutte le cure cominciano ad andare a queste scuole private. Cure di denaro e di privilegi. Si comincia persino a consigliare i ragazzi ad andare a queste scuole, perché in fondo sono migliori si dice di quelle di Stato. E magari si danno dei premi, come ora vi dirò, o si propone di dare dei premi a quei cittadini che saranno disposti a mandare i loro figlioli invece che alle scuole pubbliche alle scuole private. A "quelle" scuole private. Gli esami sono più facili, si studia meno e si riesce meglio. Così la scuola privata diventa una scuola privilegiata. Il partito dominante, non potendo trasformare apertamente le scuole di Stato in scuole di partito, manda in malora le scuole di Stato per dare la prevalenza alle sue scuole private. Attenzione, amici, in questo convegno questo è il punto che bisogna discutere. Attenzione, questa è la ricetta. Bisogna tener d'occhio i cuochi di questa bassa cucina. L'operazione si fa in tre modi: ve l'ho già detto: rovinare le scuole di Stato. Lasciare che vadano in malora. Impoverire i loro bilanci. Ignorare i loro bisogni. Attenuare la sorveglianza e il controllo sulle scuole private. Non controllarne la serietà. Lasciare che vi insegnino insegnanti che non hanno i titoli minimi per insegnare. Lasciare che gli esami siano burlette. Dare alle scuole private denaro pubblico. Questo è il punto. Dare alle scuole private denaro pubblico