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domenica 28 marzo 2010

Non solo 8 marzo...


“La violenza contro le donne e le bambine rappresenta una pandemia globale. Durante la propria vita almeno una donna su tre è stata picchiata, ha subito abusi sessuali o violenze di altro tipo.

Ogni anno milioni di donne sono violentate dai propri partner, da parenti, amici o sconosciuti, da datori di lavoro e colleghi, da soldati e componenti dei gruppi armati.
La violenza all’interno della famiglia è endemica in tutto il mondo; la stragrande maggioranza delle vittime sono donne e bambine. Negli Usa, per esempio, le donne rappresentano circa l’85% delle vittime della violenza domestica. L’Organizzazione mondiale della sanità ha dichiarato che
fino al 70% delle donne vittime di omicidio sono uccise dai loro partner  maschili.
Le armi leggere e di piccolo taglio costituiscono i principali strumenti utilizzati in conflitti nei quali, secondo il Segretario Generale delle Nazioni Unite, le donne e i bambini rappresentano circa l’80% delle vittime.
In quanto organizzazione per i diritti umani, Amnesty International (AI), non può tacere di fronte a questa sofferenza. Noi ci battiamo contro tutte le forme di violenza contro le donne e le ragazze, dovunque queste accadano e chiunque ne sia l’autore.”
Avete mai speso gli stessi secondi utilizzati per leggere queste statistiche guardando negli occhi una donna? Una donna qualsiasi, una bambina, un’anziana, la vostra vicina di casa, la vostra compagna di banco o semplicemente una donna come tutte le altre? Riuscireste a distinguere uno sguardo sereno da uno sguardo pieno di dolore ed angoscia? O vi soffermereste piuttosto, solamente al colore degli occhi senza pensare che dentro a quello sguardo ci possa essere uno grido soffocato che non ha coraggio di toccare le corde vocali? Ecco, vedete, siamo tutti bravi a condannare la violenza domestica, lo stalking, gli abusi sessuali, le prevaricazioni del sesso maschile su quello, così stupidamente chiamato, debole, siamo altrettanto capaci di indignarci di fronte a figlie sgozzate da padri padroni o da sorelle percosse da mariti instabili, ma poi, spenta la tv siamo altrettanto tranquilli nell’archiviare quella notizia in un cassetto lontano da noi; perché in fondo a noi non toccherà mai.  Archiviamo la notizia di cronaca nella speranza che qualcuno al posto nostro faccia qualcosa, anche perché poi, noi che possiamo fare?
Possiamo smettere di vedere ed iniziare a guardare, possiamo aprire i balconi di casa quando sentiamo urla al piano di sopra e non chiuderci dentro come uomini omertosi, possiamo smascherare scuse come “Eh sono caduta dalle scale”, “Stavo dormendo e sono caduta dal letto”, “Questo taglio? Me lo sono fatta tagliando il pane, che stupida” ed aiutare quegli occhi a parlare, ad urlare, possiamo dare loro la voce che non hanno.
Smettiamola di alimentare la vergogna di quegli sguardi, che si sentono troppo diversi per essere capiti, smettiamola di coprire uomini che assomigliano più a bestie che ad esseri umani. Non dobbiamo più permettere che il rumore dei pugni sovrasti la voce delle donne. Cerchiamo di informarci, di sensibilizzarci su questo problema, ascoltiamo quei silenzi disperati che ci passano accanto, non lasciamo che la cosa ci scivoli addosso come qualcosa di distante, celato dietro il muro della casa accanto.

Melania Pavan - Treviso
da "la venticinquesima ora" - giornalino d'istituto del liceo Canova di Treviso

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