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sabato 7 agosto 2010

LA RIFORMA IN VENETO, TRA PROPAGANDA E REALTA'

C'era una volta una scuola. Con molte difficoltà si poteva definirla pubblica e uguale per tutti. Ora non si può più.

La riforma scolastica promossa dal governo Berlusconi nelle persone dei ministri Tremonti e Gelmini si basa su delle premesse non realistiche.

L'irrealizzabilità di questi progetti è dovuta di fatto al non potersi permettere economicamente una grossa manovra di riforma qualitativa della scuola, ammesso e non concesso che il vero obbiettivo del governo sia un reale incremento di qualità.

I provvedimenti ministeriali sono talmente poco sostenibili finanziariamente che l'Assessore alla Pubblica Istruzione della Regione Veneto Elena Donazzan si è vista costretta a prendere alcuni provvedimenti per porre un calmiere momentaneo agli effetti della riforma.

Per prima cosa verrà, così pare, stanziato un milione di euro per l'insegnamento della lingua italiana ai migranti e per il sostegno agli alunni diversamente abili. Si noti però come contemporaneamente verrà messo un tetto del 30% al numero di alunni stranieri per classe.

Delle due l'una: o quella del tetto massimo è una proposta razzista, volta soltanto a discriminare senza motivo – per la sola colpa di essere nati in un altro posto - alcuni bambini, mentre di fatto le risorse per aiutarli ci sarebbero, oppure effettivamente le risorse per l'inserimento positivo di questi alunni mancano.

Significa che persino l'Assessore Donazzan si rende conto che un milione di euro è una cifra irrisoria per garantire una didattica di qualità a quegli alunni che, vuoi per ragioni linguistiche, vuoi per altri motivi, si trovano a partire svantaggiati.

Il secondo provvedimento della Regione Veneto riguarda i Buoni Scuola: ne verrà aumentato il valore e il merito affiancherà il reddito nei criteri di assegnazione, senza distinzione tra scuole pubbliche e scuole paritarie.

Si ricordi che fino ad ora il Buono Scuola è stato assegnato non alle famiglie con un reddito realmente esiguo, ma a quelle che pagano più tasse scolastiche in rapporto al reddito, cioè alle famiglie che possono comunque permettersi di non mandare i propri figli in una scuola Pubblica.

È stato un'enorme presa in giro.

Se invece tra gli idonei per i Buoni Scuola dovessero ora rientrare anche gli alunni della scuola Pubblica, vorrebbe dire che i dirigenti Scolastici si sono visti costretti ad aumentare le tasse fino a raggiungere rette simili a quelle della scuola privata.

Questo, oltre che un attacco esplicito al diritto allo studio, è anche un fattore che innalzerà sicuramente il tasso di dispersione scolastica fino a livelli medioevali.

Uno dei parametri per l'assegnazione del buono scuola sarà anche poi la distanza casa/scuola, tenuta in conto vista la situazione problematicha di certe zone montane del Veneto.

Questa risoluzione andrebbe ad affiancarsi ad una deroga ai numeri minimi per la formazione delle classi in montagna, che il ministero vorrebbe fissati ai 30 alunni per classe.

Per prima cosa ciò evidenzia una sostanziale incapacità del Governo di tenere conto da solo delle peculiarità delle zone di montagna e delle piccole Isole – come se per assurdo l'Italia fosse per la maggior parte pianeggiante e con grandi metropoli – rendendo necessario l'intervento degli Enti Locali per garantire agli studenti di non dover fare più di due ore di pullman ogni mattina.

Come secondo elemento c'è il fatto che queste deroghe fino ad ora pare non valgano per i comuni capoluogo di provincia, anche se in zone montane.

Ci si trova quindi, per esempio, in una situazione in cui a Belluno, capoluogo delle Dolomiti, che ha un solo Liceo Scientifico, gli alunni in esubero dovranno fare un minimo di 40 km in più, rispetto al preventivato, per raggiungere il più vicino polo scolastico (sempre ammesso che vengano assegnati a quello più vicino).

Staremo a vedere se questi buoni scuola che verranno assegnati anche in base alla distanza dal polo scolastico di riferimento verranno assegnati a questi ragazzi.

In ogni caso sembra opportuno far notare che, durante un incontro avvenuto lo scorso anno scolastico, l'Assessore Donazzan si era impegnata di fronte ai ragazzi della Rete degli Studenti Medi Veneto ad iniziare una politica di potenziamento dei trasporti.

Sul modello di ciò che è già in atto in Emilia Romagna, erano state richieste grosse agevolazioni per gli studenti nella forma di un abbonamento unico regionale.

Questi impegni non sono stati mantenuti, nonostante non siano assolutamente sostituibili con l'inserimento del parametro distanza nei criteri per l'assegnazione dei Buoni Scuola.

Il terzo provvedimento risulta essere uno stanziamento di 800 mila euro per la cosiddetta Terza Area negli Istituti Professionali.

Questi finanziamenti andranno però a riguardare solo il quinto anno, mentre per gli altri bisognerà rivolgersi al Fondo Sociale Europeo, sempre ammesso che le nostre scuole riescano a vincerne i bandi.

Poi c'è da considerare che, se un milione di euro non risulta sufficiente per i corsi di italiano, figuriamoci come possono 800 mila euro bastare per tutto l'impianto della Terza Area, tenuto conto che è l'insegnamento più fortemente professionalizzante dei nostri Istituti.

In tutti questi provvedimenti si ravvisa una grande ipocrisia dell'assessorato, che spara cifre per dare un contentino agli studenti in protesta.

Sicuramente anche l'assessore Donazzan lo sa: sono stati tagliati 13 miliardi di euro agli enti locali con l'ultima finanziaria.

Questo provvedimento non renderebbe possibile, nemmeno se ce ne fosse la volontà, di garantire totalmente il diritto allo studio.

In ogni caso se la regione ha dovuto pensare alla risoluzione di queste problematiche, vuol dire che effettivamente la riforma non funziona, dal momento che le regioni devono supplire alle mancanze ministeriali.

Da studentessa veneta posso anche ritenermi fortunata, visto che la mia è una delle regioni più ricche d'Italia – non considerando quelle a statuto speciale e tralasciando il fatto che nemmeno in Veneto con la crisi la situazione è più così rosea – ma non posso fare a meno di pensare a che fine faranno gli studenti delle regioni che non si possono premettere nemmeno questo tipo di provvedimenti.

Come si farà dove il tasso di dispersione scolastica è già altissimo?

E come si farà dove i problemi maggiori delle scuole sono far si che non caschino sulle teste degli studenti?

A questi interrogativi il ministro Gelmini pare non avere risposte, e visto che non ne vuole fornire ci auguriamo utopicamente che si appresti ad ascoltare le nostre.

Di Francesca Bortot

venerdì 6 agosto 2010

La Caduta dei Pomi.

È paradossale il fatto che una delle parole più usate negli slogan e nei nomi dei partiti sia "Libertà". "Il Popolo delle Libertà", "La casa delle Libertà" (qualcuno se la ricorda? era la coalizione di centrodestra che doveva competere L'Unione nel 2006), "Sinistra Ecologia Libertà", fino ad arrivare al più recente "Futuro e Libertà per L'Italia", gruppo parlamentare creato da Gianfranco Fini, il quale apparentemente è uomo di poca fantasia poiché ha scritto un libro intitolato "Il futuro della Libertà". Paradossalmente quindi in un paese con tutte queste "Libertà" spalmate sui manifesti elettorali, vige un clima d'odio, di xenofobia e di omofobia che non rientra più nella definizione di "Paese Evoluto", per assurdo grazie alla geniale legge elettorale definita "Una porcata" dallo stesso creatore (Calderoli) non si ha nemmeno la libertà di scegliere per chi votare, bensì il cittadino è limitato a votare per il partito, lasciando ad esso l'onere di scegliere chi "promuovere".

Cadrà o non cadrà, il governo? Ho questo interrogativo che mi frulla per la testa da quando Fini si è fatto cacciare da Berlusconi. Ammetto che avrei voluto averlo molto prima, ma le occasioni non si sono mai presentate e questa legislatura ha continuato a fare i suoi comodi quasi indisturbata. La maggioranza vacilla, Bossi fa la primadonna facendo finta di esitare, prima è pessimista, il padano, poi ritratta, successivamente ritorna scettico, poi alle urne ci vuole andare a braccetto col suo grande amico nano. Fare delle previsioni è difficile. Si sa poi che Berlusconi non è uno da prendere sul serio, benché ieri abbia detto che vorrebbe andare alle urne addirittura a novembre si sa che potrebbe ritirare facilmente la sua affermazione tra qualche ora.

In un'ipotetica battaglia alle urne potrebbe succedere di tutto:
-Fini potrebbe allearsi con Casini e formare un nuovo polo di centro (destra?) capace di strappare un po' di voti al Pdl, mentre Pd ed Idv coalizzati correrebbero ancora una volta per il centro sinistra inglobando o meno Sinistra Ecologia e Libertà (con il rischio del pericoloso Vendola che potrebbe soppiantare gli scaldapoltrone del Pd);
-Fini potrebbe proporre a Di Pietro di allearsi (anche se credo sia abbastanza improbabile), il Pd lasciato a piedi o si darebbe una svegliata diventando un partito di sinistra (cosa che non è di sicuro attualmente) oppure perirebbe lapidato dai suoi stessi elettori;
-Fini potrebbe correre da solo, sotterrandosi con le proprie mani;
-Altre numerosissime ipotesi che non ho voglia di descrivere (alla fine credo sia anche una questione di fantasia).
In ogni caso è facile comprendere perché Berlusconi voglia correre in fretta e furia alle urne. Infatti se anche Fini si coalizzasse con Casini creando un terzo polo, ipotesi su cui si può puntare maggiormente, non è garantito che riuscirebbe a spuntarla sul Pdl e sul Pd; allo stato attuale Berlusconi sa che in caso di vittoria per pochi punti percentuali può contare sul premio di maggioranza che gli garantirebbe di governare indisturbato per ancora parecchio tempo avendo addirittura espulso gli unici oppositori alla sua linea politica nel suo stesso partito.

Stufa di aspettare quindi mi preparo a fare le valigie pronta per andarmene anche a costo di vivere in un complesso di case cubiche come quelle costruite per l'expo del '67 a Montréal.

lunedì 2 agosto 2010

Mantenere la memoria

Oggi, 2 Agosto 2010 a Bologna il governo non ci sarà. Nessun ministro andrà alla cerimonia per commemorare quella terribile strage, emblema insieme a tante altre, della violenza assurda del terrorismo. Il ministro La Russa ha seccamente spiegato il motivo della sua assenza e di quella dei suoi colleghi: “I ministri li avete sempre fischiati”. Quindi meglio non mandarne. Tra silenzi e a dir poco imbarazzanti tentativi di giustificare l’assenza dell’esecutivo. Magari facendo ricadere la colpa sull’Associazione dei familiari delle vittime. Oppure indicando i contestatori come un’esigua minoranza che strumentalizza la manifestazione. Sicuramente cercando di ritrovare un pò di lucidità dopo gli ultimi avvenimenti politici. E cercando anche di ritrovare il filo di un discorso coerente, con cui provare a continuare il mandato attribuito dagli elettori.


Che parole si possono usare per definire l’atteggiamento del governo? Ne ho pensate molte ma nessuna si è rivelata adatta. Nessuna servirebbe a rendere il giusto rispetto a quelle ottantacinque anime e ai duecento feriti. Nessuna servirebbe a fare qualcosa di utile per i familiari delle vittime e per l’intero Paese. Il governo si dimostra semplicemente, ancora una volta, per ciò che è. Non vuole sentire le contestazioni ma solo gli applausi. Non si prende le responsabilità di una scelta ma cerca di farne ricadere la colpa su altri. E soprattutto addita al pubblico ludibrio chi lo contesta come un soggetto pericoloso. E qui è due volte miope, nel metodo ma anche nel merito. Perché non comprende che i bolognesi non hanno risparmiato nessuno dai fischi, in tutti questi anni. E questo perché i bolognesi aspettano ancora la piena luce su quella che Pertini definì “L’impresa più criminale che sia avvenuta in Italia”. Non comprende perché non vuole. Non comprende la rabbia e la disperazione che angoscia le anime di quelle persone. Non comprende che togliere il segreto di Stato sulla strage ed impegnarsi seriamente per far emergere tutta la verità non è solo un obbligo a cui dovrebbe adempiere ma anche una scelta tanto responsabile quanto giusta, equa e necessaria per quelle persone e per l’intero Paese. Ma il governo non vuole tutto ciò. Non vuole, anche se ogni essere umano capirebbe che di fronte a tale disperazione umana tutte le possibili ragioni che la politica sa tirare fuori per non far emergere la volontà sono bieche e schifose.

Di fronte a tutto questo lancio una provocazione. Non è importante che oggi il governo sia presente. Non è importante che oggi ci sia chi vuole strumentalizzare la strage e chi in piazza piange il morto ma poi trama nell’oscurità. Oggi in piazza ci devono essere i bolognesi e gli italiani puliti. Commossi e desiderosi di giustizia e non di vendetta. I bolognesi e gli italiani non si devono sentire abbandonati dalla società e devono portare avanti il ricordo e spingere per la verità, passando il testimone ai giovani. E lo faranno, a partire da oggi. A leggere i nomi, infatti, ci sarà una ragazza di trent’anni. La memoria è viva. Bologna avrà giustizia.


Andrea Pittarello
studente di Padova